Avviso per il lettore

Posso dire che trovo “Il ritratto di Dorian Gray” meravigliosamente noioso?!

Con tutte quelle lunghe descrizioni da cerusico ebanista, tediose quanto imbarazzanti, come “sdraiato nell’angolo di un divano coperto di stoffe persiane, e fumando, secondo la sua abitudine, un numero indefinito di sigarette, Lord Henry Wotton poteva vedere i fiori di un’acacia, colorati e dolci come il miele, quei rami fragili che pareva potessero appena sopportare una bellezza tanto splendida; e di quando in quando l’ombra fantastica di un uccello volante si proiettava e scorreva sulle pesanti tende di seta, con una specie di fuggitivo effetto giapponese, facendogli ricordare quei pittori di Tokio, dal viso di giada pallida, che pur servendosi d’un’arte necessariamente statica, cercano di rendere il senso della velocità e del moto e che palle”.

Per questo sono sinceramente perplesso. Poiché adoro Wilde. Come personaggio. Come critico. Come sarto. Come “aforista”. Come fioraio. E come scrittore. Allora dinanzi a certe ridondanze, pensando comunque che fosse inutile e gratuito scrivere usando termini volgari, ho evitato accuratamente di farlo, fin qui. Poi ho provato a considerarli come puri vocaboli, quei lemmi sconvenienti lì, che poco si addicono alla letteratura del fioretto e dell’incesellamento e, in quanto tali, comprenderete come sia stato difficile esimermi dal loro disincantato utilizzo e facile farne un uso disinvolto.

Le parole sono un servizio, e sento fin d’ora il dovere di imbandire la tavola con tutte le portate che hic et nunc ho voglia di preparare. Capirete dunque certi miei slanci, mai prodotti prima e, se non capirete, chiedo venia, per voi.

Inutile e gratuito sono due parole il cui significato mi sta particolarmente a cuore.

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